Non sta diventando protagonista nel modo in cui sperava lui, ma Primoz Roglic è sicuramente uno degli uomini chiave di questo Tour de France. Lo sloveno della Jumbo Visma era partito dalla Danimarca come secondo favorito per la vittoria finale dietro il connazionale Tadej Pogacar, ma la strada ha detto altro. In questo Tour però Roglic ha sta dando tutto con un’umiltà da campione assoluto. Il tre volte vincitore della Vuelta di Spagna è molto più forte di una dannata balla di fieno, ha fatto corsa dura nonostante i dolori, si è messo a disposizione del più giovane compagno di squadra Vingegaard. Un tuffo nel gregariato, un salto come quelli che faceva fino ai 21 anni come sport principale. Questo è essere Primoz Roglic.
Il salto con gli sci e la squadra slovena che ha creduto in lui
Il Tour non lo vincerà neanche quest’anno, forse non lo vincerà mai. Primoz Roglic è uno dei ciclisti più forti nelle corse a tappe dell’ultimo lustro, ma con la Grand Boucle ha più di un conto in sospeso. Lui che al grande ciclismo ci è arrivato tardi. Di sport ne faceva un altro lo sloveno, il salto con gli sci. Classe ’89, nel 2007 a Tarvisio è riuscito a vincere la medaglia d’oro ai Mondiali Juniores nel salto a squadre. Poi è passato tra i grandi ma i risultati hanno stentato ad arrivare.
Roglic ha deciso di cambiare sport già da ‘grande’. Nel 2013 si accorge del suo talento la squadra slovena Adria Mobil. Inizia la sua carriera nel mondo del ciclismo e con i primi piazzamenti. L’anno della svolta arriva nel 2015 con la vittoria del Giro di Slovenia davanti ad un veterano come Mikel Nieve. Il mondo della bici si accorge di lui, dall’Olanda si accorgono di lui,
Lo mette sotto contratto la Lotto Jumbo che lo fa debuttare al Giro d’Italia. Nella corsa rosa per poco non fa il colpaccio a cronometro concludendo al secondo posto la prima tappa vinta da Tom Dumoulin per un secondo. Non solo abile nella corsa contro il tempo, nel 2017 si dimostra abile scalatore facendo classifica alla Tirreno-Adriatica e al Tour de Romandia. Si presenta al Tour de France e ottiene il secondo posto nella classifica della maglia a pois riservata agli scalatori. A fine anno ai mondiali prende l’argento a cronometro dietro ancora una volta a Dumoulin, ma davanti a tanti specialisti.

Primoz Roglic corridore da corse a tappe a 29 anni
Una nuova stella è nata? Roglic può fare classifica nelle grandi corse a tappa? La risposta arriva al Tour 2018 dove lo sloveno chiude quarto. Nel 2019 vince la Tirreno Adriatica e il Tour de Romandie. Si presenta al Giro d’Italia come favorito insieme a Vincenzo Nibali. Lo sanno entrambi, si scrutano, si studiano tanto, troppo. Nibali chiude secondo e Roglic terzo: tra i due litiganti vince Richard Carapaz. Poco male perché Roglic prosegue la sua stagione e va a vincere la sua prima corsa a tappe: la Vuelta di Spagna.
Al Tour 2020 si presenta da favorito e lo domina mantenendo la maglia gialla fino alla penultima tappa quando succede l’impensabile. Nella cronoscalata de La Planche des Belles Filles crolla e viene superato in classifica dal connazionale di 9 anni più giovane, Tadej Pogacar. Si consola vincendo la sua seconda Vuelta. Nel 2021 si ripresenta al Tour con una grande voglia di riscatto, ma dopo due grandi tappe cade nella terza e deve ritirarsi. Nello stesso anno vince comunque la sua terza Vuelta consecutiva.

Le aspettative di questo 2022
Anche il 2022 è tutto proiettato verso il Tour de France, ma con una differenza. Nella Grand Boucle 2021 la Jumbo Visma ha trovato un altro capitano, il danese Jonas Vingegaard che ha chiuso secondo il Tour dietro Pogacar. La preparazione è buona. Roglic vince il Giro del Delfinato proprio davanti al suo compagno di squadra. Nella cronometro inziale del Tour i due capitani vanno bene, Vingegaard un secondo più veloce di Roglic. Poi la tappa sul pavè. Roglic impatta contro una balla di fieno, cade e perde minuti. Lo sloveno sembra riprendersi. C’è da affrontare la Planche des Belles Filles che due anni prima gli aveva tolto il Tour. Tanto cuore in quella tappa, Pogacar scatta e Roglic gli va dietro scortando Vingegaard.
Come fare a battere questo Pogacar? Si dice sia impossibile. Poi arriva la tappa del Telegraphe, del Galibieri e del Col du Granon. Roglic e Pogacar sono connazionali, ma sono Roglic e Vingegaard a parlare la stessa lingua. Poi Roglic scatta sul Telegraphe, Pogacar è costretto a rispondere. Roglic scatta sul Galibier, Pogacar è costretto a rispondere. Vingegaard scatta sul Galibier, Pogacar e costretto a rispondere. A tanti chilometri dal traguardo i due della Jumbo Visma apparecchiano l’inferno per la maglia gialla. Roglic è il più attivo e si deve arrendere, si stacca. Tattica fallimentare? Macché, Pogacar è stato colpito ma ancora non lo sa. A dirglielo è il Col du Granon. Vingegaard scatta, Pogacar va in crisi. Roglic arriva con tanti minuti di ritardo con il compagno Kuss. Eppure esulta come se avesse vinto e abbraccia il compagno. Lui che era il capitano.
Primoz Roglic, gregariato e spettacolo
Uscito di classifica, il giorno dopo arriva l’Alpe d’Huez. Roglic si mette a completa disposizione di Vingegaard. Gli fa da gregario e nemmeno da ultimo uomo. Ha la consapevolezza di poter dare una mano, ma di capire che non può essere l’ultimo uomo per il danese. Lo sloveno fa il ritmo prima dell’ultima asperità e a inizio salita, poi lascia che sia Kruijswijk a scortare Vingegaard in cima. Una strategia perfetta perché ad attuarla è un campione. Forse il Tour non lo vincerà mai, forse anche quest’anno lo sloveno andrà a fare la voce grossa alla Vuelta. Ma la corsa di Primoz Roglic è un qualcosa di epico ed entusiasmante tanto quanto le imprese di Vingegaard e Pogacar.