Essere stato un calciatore di Serie A e poi pubblicare un libro, che non sia la classica autobiografia di un campione scritta da un giornalista o da un ghostwriter, stona un po’ nell’immaginario comune. Ci sono esempi che invece contraddicono questa visione e che si chiamano Paolo Sollier ed Ezio Vendrame, ce né uno ancora più contemporaneo che porta la firma di Alessandro Gazzi. L’ex centrocampista di Torino e Bari ha presentato al Salone Internazionale del Libro di Torino il suo ‘Un lavoro da mediano. Ansia sudore e Serie A’. Un lavoro reso possibile anche dalla casa editrice 66thand2nd che con convinzione sta cercando di portare la letteratura sportiva in Italia.
L’ Alessandro Gazzi scrittore
“Scrivere è una valvola di sfogo, mi gratifica”. Esordisce così Alessandro Gazzi rispondendo alle domande di Mauro Berruto presso la Sala Olimpica di SalTo 2022. Proprio l’ex Ct della Nazionale italiana sottolinea come sia importante in questo scritto: “Rimettere al centro il fatto che gli sportivi siano dei lavoratori”. Perché il duro lavoro è quello che ha permesso a Gazzi di giocare per tanti anni in Serie A. Duro lavoro che ha conosciuto grazie ai suoi genitori e soprattutto ai suoi nonni che ha ritratto con due istantanee scattate nella mente durante la sua infanzia. “Mi ricordo uno dei miei nonni sotto il sole a mezzogiorno a spezzarsi la schiena facendo il muratore. E dell’altro nonno ricordo, dopo che aveva subito l’amputazione delle gambe, lo sforzo che faceva per salire le scale con le braccia per andare a letto. Possono essere due situazioni normalissime, ma per me che avevo 7/8 anni sono stati dei grandi insegnamenti”.
L’inizio della carriera e quei trenta secondi che hanno cambiato tutto
Tanti sono gli aneddoti della carriera sportiva che sono contenuti nel libro. Alessandro Gazzi racconta ad esempio il suo primo bivio: “A 18 anni ero al Treviso e mi chiamò la Lazio. Scegliere i biancocelesti significava per me tagliare i ponti con tutto quello che avevo costruito nella mia infanzia e nella mia adolescenza. Avevo sempre abitato a Santa Giustina, un paesino di 6 mila abitanti, e mi ero integrato molto bene nella comunità. Dissi a mio padre: vado mezz’ora in camera e decido”. Gli anni alla Lazio non furono esaltanti a causa anche di un infortunio. Gazzi fu mandato a Viterbo: “Dall’essere a metà tra Treviso e Lazio mi trovai ad essere in comproprietà tra Treviso e Viterbese, quindi alla base della piramide del calcio dilettantistico. Mi dissi ‘gioca e non lamentarti’. Calarmi in quella realtà, fare 35 partite da protagonista è stato un grande insegnamento”.
Una Bari a due facce e l’incontro con il mentore Antonio Conte
Dopo Viterbo arrivò la chiamata del Bari, ma in un momento non molto idilliaco per i galletti. “Quando arrivai a Bari – racconta Gazzi – c’era una grossa diatriba tra i tifosi e il presidente. Mi ricordo la mia prima partita in Coppa Italia contro il Messina al San Nicola non c’era nessuno, era un’astronave fantasma. Può non sembrare ma uno spogliatoio risente del clima che c’è intorno alla squadra”. Anche se qualche tifoso comincia a tornare allo stadio, le cose a Bari stentano a decollare e dopo due anni e mezzo Gazzi avrà la possibilità di giocare 6 mesi in Serie A con la Reggina. Sarà un’esperienza molto positiva perché è l’anno post calciopoli in cui, con Walter Mazzarri in panchina, i calabresi si salvano partendo da -11 punti.
Gazzi è in comproprietà e alle buste vince il Bari. Si ritrasferisce in Puglia dove nel corso della stagione viene chiamato in panchina Antonio Conte. “Lui pretendeva tanto anche da sé stesso – spiega l’ex centrocampista – e questo ci dava una carica ancora maggiore. Nell’anno in cui vincemmo il campionato ad un certo punto perdemmo due partite di fila. Dopo la sconfitta contro l’Avellino ci furono tre giorni di assoluto silenzio. Dopo la seconda invece ci parlò con tranquillità, della vita e di cose extracalcistiche. Ci lesse anche If di Kipling”.
Le differenze tra Conte e Ventura e l’arrivo al Torino
Dopo la promozione in A del 2009 il Bari passò da Conte a Ventura per una staffetta che qualche anno dopo avverrà anche in Nazionale. “Il passaggio da Conte a Ventura fu ancora più stimolante. Entrambi a quel tempo giocavano con il 4-2-4, ma Conte voleva aggredire l’avversario e mantenere altissima l’intensità per 90 minuti, Ventura voleva invece un gioco molto più ragionato dal punto di vista tattico anche perché in Serie A si giocava contro squadre molto più attrezzate”.
Dopo un anno a Siena, nel 2012 Gazzi passa al Torino: “In granata all’inizio ho vissuto su un doppio binario. Dopo due settimane che ero arrivato mi arrivò un avviso di garanzia per frode sportiva. Fu molto dura, ma nel frattempo in campo mi divertivo molto e per me giocare era uno svago”. Con i granata Gazzi ha disputato anche una Europa League da protagonista e, incalzato dal tifoso Mauro Berruto, ha ricordato quel favoloso 2-1 contro il Genoa. “Avevamo subito gol a 5 minuti dalla fine. In pieno recupero prendo palla, servo Omar (El Kaddouri) che la passa a Ciro (Immobile) che la mette perfetta nel sette”.
Un minuto più tardi Gazzi entrerà in scivolata, iconico tackle che è anche la copertina del libro, a recuperare un pallone prezioso e servirlo a Cerci che troverà il gol che porterà all’estasi i tifosi del Toro. La capacità di dilatare il tempo nel racconto, una serie di aneddoti e di incontri eccezionali, la genuinità del duro lavoro sono solo alcuni degli aspetti per cui ‘Un lavoro da mediano. Ansia, sudore e Serie A, è un libro che vale la pena di esser letto.